Piccolo uomo indifferente

In piedi davanti al cadavere, si mise senza parlare in posizione favorevole alla luce e si scattò un paio di selfie con la fotocamera dello smartphone. Il cadavere: un braccio lungo il corpo e l’altro scomposto, avvolto nella giacca, il pugno stretto e la mascella serrata nascosta dai folti riccioli castani.

Osservò ancora la sua vittima, non si muoveva più. Alla parete il Trionfo1, un vecchio canuto e un globo celeste, nell’aria le note di Wagner: “Ein kühner Gott trat zum Trunk an den Quell; seiner Augen eines zahlt’ er als ewigen Zoll”2.

E si rivolse a lui come se quest’ultimo potesse ascoltare:

«Io non faccio testo, caduti Dei della civile convivenza, voi siete sempre cordiali, dolci e ben disposti verso tutti. 

Non appartengo affatto alla categoria: la maggior parte delle persone è nauseante, membri di una razza deforme3. Tant’è vero che solo ora che ti osservo, silenzioso e morto, ti trovo simpatico. Anche se inizi a puzzare.

Trovo che la maggior parte di loro abbia orribili origini: anche i loro cognomi molto spesso sono cacofonici, non trovi? Educazione pessima, specialmente al giorno d’oggi. E mi domando perché debba sempre essere costretto a tollerarli o addirittura a fingere che mi piacciano. Scappo via al primo sguardo: solamente spazzatura e vecchia inutile roba.4

Sono evidentemente affetto da disturbo narcisistico, ma in realtà non mi sento migliore di loro, semplicemente mi fanno schifo e probabilmente se qualcuno mi presentasse Me stesso, mi farei schifo da solo. Preferisco contare i piccoli e tondeggianti opercoli calcarei della bolma rugosa che trovo a ogni alba d’estate dopo le mareggiate. Sono silenziosi, corrosi, abituati a cedere all’azione del tempo e dell’acqua».

Sorrise, spostandosi verso il corpo e scostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte e dagli occhi ancora aperti. Grandi e luminosi, erano un tempo così. Ora isolati nel loro stesso buio, timorosi servitori, fermi e attoniti buchi.
Attorno alla scena del delitto un mucchio di giornali accumulati, un cesto con una mela morsicata, rossa, e un tablet “aperto” su una pagina di un social network: tredici like, 7 condivisioni e sei emoticon sorridenti.

«Non credo in niente, l’ultima cosa alla quale credo è l’essere umano: la ricerca è sempre così, l’unica cosa che trovi immancabilmente nelle persone è che non sanno tenere in mano una forchetta e che credono in qualcosa: Dio, una teoria, un paradiso promesso o un conto in banca.

A queste cose ho personalmente abdicato dieci o quindici anni fa. Tranne il conto in banca (sorrise). Tu lo sai: non ho fatto quello che avreste voluto.

La maggior parte di quelli lì – fuori – mi vede come un mezzo busto sorridente, è la riprova che hanno l’intelligenza di una piccola rondella di un ingranaggio fermo. In realtà sorrido per allontanarli cosicché, rassicurati, si tengano distanti».

Sentì le sirene della gazzella dei Carabinieri, si scostò dal corpo, si mise a posto la cravatta e salutò lo Spirito dei Tempi ammazzandolo ancora una volta con la sua assenza. Era un piccolo uomo indifferente.

(Matteo Tuveri© – All rights reserved)


NOTE
⇑[1] Trionfo di Zanobi di Benedetto di Caroccio degli Stozzi, Pinacoteca Nazionale di Bologna, sala 4: il tramonto del Gotico.

⇑[2] «Ardito un Dio / per bere venne alla fonte / e con uno dei suoi occhi / pagò eterno tributo» Richard Wagner, Götterdämmerung, Prologo, parte prima.

⇑[3] J.R.R. Tolkien, a cura di Christopher Tolkien, Il Silmarillion, Bompiani, 2009, pp. 283-284.

⇑[4] Johann Wolfgang Goethe, Faust, prima parte.