Per l’imperatrice un nuovo tradimento

Edizione di sabato 27 febbraio 2010 – Spettacoli e Società (Pagina 52)

L’OPINIONE. Secondo lo studioso di storia asburgica ancora una volta la protagonista è assente

Per l’Imperatrice un nuovo tradimento

Prodotta da Publispei per Rai e da Eos e Summerset per le tedesche e austriache SDF e ORF, Sissi ha catturato anche in Germania e Austria una fetta discreta di telespettatori, dimostrando come il travisatissimo personaggio dell’imperatrice Elisabetta d’Austria-Ungheria sia ancora in grado di ipnotizzare il pubblico. È chiaro, ormai, come la storia del film non sia affatto la vera storia della giovane Wittelsbach, salita sul trono più venerabile del mondo grazie al matrimonio con Francesco Giuseppe d’Asburgo-Lorena, bensì un’emulazione, a tratti dignitosa, della famosa triologia di Ernst Marischka: la vera Sissi infatti non fu né moglie felice, né imperatrice conscia del suo ruolo, fu ben altro, intelligente, incapace di sfuggire a un destino che non le era congeniale, forse femminista ante litteram. Di sicuro, secondo Cioran, esempio supremo della malinconia ottocentesca (insieme a Brahms), e incarnazione di un destino mediatico secondo il lungimirante Gabriele d’Annunzio. Tutto questo a contraddire quanto dichiarato da Carlo Bixio (Publispei) che vantava un certo sforzo per distaccarsi dai film zuccherosi che fecero conoscere Romy Schneider al pubblico. Non solo in alcuni tratti la sceneggiatura sembra uguale a quelle dei film austriaci che siamo abituati a vedere replicati in occasione delle feste, ma il personaggio di Elisabetta d’Austria appare anche decisamente travisato per quanto riguarda il ruolo che ebbe nella creazione della doppia monarchia austroungarica.

L’intervento delle principali televisioni austriache nella produzione spiega il perché si sia voluto tramandare un’immagine idealizzata, che segue la deriva antistorica presa dal personaggio nei media e che d’altronde è assai di supporto al turismo austriaco ed europeo in generale. Non a caso la versione cinematografica della fiction è già stata acquistata in Giappone, culturalmente pronto per apprezzare le meraviglie estetiche del kolossal italo-austriaco e dove da anni spopola il musical Sissi , messo in scena dal teatro femminile del Takarazuka. Dalle pagine del sito web www.elisabeth-sissi.org, ormai vero e proprio luogo di vigilanza e custodia del personaggio dell’imperatrice in Italia, si fa sapere che invenzioni storiche e ripetizioni di scene come quella di Sissi che vede per la prima volta la melanconica Puszta ungherese, non solo fanno rimpiangere il volto di Romy Schneider, ma contribuiscono a creare «minuti di confusione». Se la produzione Rai ha impiegato molto, non solo in termini di budget, si parla di 11 milioni di euro fra costumisti, sarte e troupes nelle varie location, nell’interpretazione sembra che non si sia spesa tanta attenzione. Chi si intende del personaggio, e per questo basta aver letto un libro di Brigitte Hamann e aver visto il Ludwig di Visconti, non mancherà di rimanere stranito dalla scelta degli attori: la Capotondi si presenta qui fuori ruolo, un po’ troppoOrgoglio e un po’ troppo liceale per essere credibile fino in fondo. Qualcuno sembrerebbe aver spiegato male alla Capotondi, che di solito è brava e precisa, il ruolo di Elisabetta d’Austria e d’altronde lei non deve aver letto molto su di essa o, comunque, regia e sceneggiatura non devono averle lasciato molto spazio. Non solo, il suo modo di piegare la testa da un lato e di sorridere la rendono simile a una caricatura più che a Elisabetta, che per la figura e il portamento austero era una delle donne meno teatrali, barocche e convenzionali del suo tempo. Per quanto riguarda gli altri attori, lo Scamarcio tedesco David Rott appare letargico e mieloso e l’unica convincente sembra essere Martina Gedeck, nel ruolo della suocera Sofia. L’unica cosa veramente bella sono le ambientazioni, il viso di Andrea Osvart, le musiche di Pino Donaggio, la fotografia e i costumi: più di tremila, circa una cinquantina solo quelli per la Capotondi (80 metri di tulle solo per la sottogonna dell’abito da sposa). Una prova di buon gusto, dunque, ma non chiamatela Sissi.