Ius soli e la solita fabbrica dei No

Grandi polemiche in questi giorni sullo Ius Soli, accompagnate dai giochi circensi (anche di mano) dei “soliti noti” nel luogo dove la legge viene votata. Non mi soffermo sull’enorme significato di una legge di “Ius Soli temperato” (diritto del suolo in latino), accompagnata da un importante concetto di “Ius Culturae” (cittadinanza ottenuta a seguito di un percorso scolastico), per i numerosi bambini e ragazzi nati in Italia, che hanno vissuto e vivono (rispettandole) le leggi, le tasse, la scuola, la lingua, il traffico, la disoccupazione e tutte le gioie e i dolori legati all’essere italiani. 

La proposta di legge

Superfluo farlo visto che non solo motivazioni di tipo etico e morale imporrebbero una tale legge, ma anche motivazioni di tipo economico (legato alle pensioni, ai servizi e alle tasse) e di tipo demografico. Superfluo anche perchè la proposta di legge, disponibile sul sito web della Camera, parla abbastanza chiaro.
Quello che non appare chiara è la – chiamiamola – “mens rea” dei contrari (o degli astenuti che, ricordiamolo, in Senato equivalgono): si va dal “pensiamo prima agli italiani” al “pensiamo prima al lavoro”, come se un diritto escludesse l’altro o un diritto togliesse diritti ad altri, fino ad arrivare al “la legge è un pastrocchio” ma senza indicare nelle sedi opportune cosa la renderebbe tale.
Tale atteggiamento, in vari gradi e misure, i cittadini l’hanno riscontrata, puntuale con il medesimo copione, per l’approvazione della regolamentazione del lavoro occasionale (pensare che il lavoro occasionale non esista, e non normarlo, equivale a lasciare soli i lavoratori), per le Unioni Civili, per il Dopo di Noi, per la legge contro il Caporalato, per la riforma della PA, per il Jobs Act e per l’assunzione dei precari nella scuola (non me ne vogliate se dimentico qualcosa). 

La solita fabbrica dei NO

Per quanto comprensibili -e necessarie – le critiche costruttive a un testo di legge, appare nebulosa e tendenziosa la fabbrica di No messa in piedi da certe parti politiche.
Viene da chiedersi, incuriositi e un po’ straniti, se a dire no a tutto non ci si condanni a una paralisi a uso e consumo di un inquietante progetto nichilista e populista in cui a perdere non sono solo le istituzioni, ma anche i cittadini nella loro totalità perchè, si sa, ogni diritto riconosciuto contribuisce a una democrazia più solida.

Su www.italiaincammino.it